martedì 14 dicembre 2010

FRAGOLE

Un profumo dolcissimo di fragole ed erba e una brezza leggera mi svegliarono come una carezza; mi ero addormentata sull'erba fra la festuca e l' acetosella e le foglioline e i piccoli fiorellini bianco-rosato mi solleticavano le orecchie. Quando aprii gli occhi vidi i rami del mio larice che si stagliavano su un cielo blu meraviglioso e limpido e dalla base del tronco vedevo la corteccia solcata e grinzosa, antica e bruciata dal sole, che seguiva verso l'alto la linea cilindrica dell'enorme albero; altri tronchi più piccoli ne uscivano a raggiera creando una ragnatela di rami via, via sempre più sottili, cadenti e decorati da piccoli aghi verdi e teneri. Allungai una mano verso una fragolina rossissima, piccola e sola che spiccava sul verde brillante dell'erba, proprio all'altezza della mia tempia; la vidi prima con la coda dell'occhio e poi mi girai e la guardai: un po' più grande di un chicco di gran turco, brillante e di un rosso pieno, caldo, maturo. La colsi fra due polpastrelli, con precauzione, dandole un piccolo mezzo giro e lei subito si staccò docile dalla sua coroncina a stella.
L'appoggiai sulla lingua, come fosse un minuscolo dono e avvicinandola alla bocca ne sentii subito il profumo dolce; la premetti piano contro il palato, senza masticarla, tenendola lì finchè il succo non si fosse amalgamato un po' con la saliva e non si fosse insinuato da solo nelle papille: attesi alcuni secondi  e di colpo il sapore di sole, di bosco, di linfa dolce e profumata di resine, di legno e di miele entrò nella mente e saturò il tempo. Non si può non sorridere in quei momenti; e infatti sorrisi per poi accorgermene con un po' di imbarazzo e per poi pensare che " il Mondo sa essere davvero buonissimo".
Mi girai con la faccia verso il sole e sentendone il tepore sulle palpebre, mi beai dell'istante che cercavo di far durare ancora un po'. La briciola di polpa si mosse e si sciolse; sentii i piccoli granuli del frutto che si disperdevano e scomparivano. Sospirai e quando ancora il profumo persisteva da qualche parte nella mia mente, mi misi in bocca un filo di festuca per "compensare l'istante di vuoto" e lasciando che i ciuffi dei suoi semi mi accarezzassero il mento. E poi dormii di nuovo.


Un profumo dolcissimo di fragole ed erba e una brezza leggera mi svegliarono come una carezza; mi ero addormentata sull'erba fra la festuca e l' acetosella e le foglioline e i piccoli fiorellini bianco-rosato mi solleticavano le orecchie. Quando aprii gli occhi vidi i rami del mio larice che si stagliavano su un cielo blu meraviglioso e limpido e dalla base del tronco vedevo la corteccia solcata e grinzosa, antica e bruciata dal sole, che seguiva verso l'alto la linea cilindrica dell'enorme albero; altri tronchi più piccoli ne uscivano a raggiera creando una ragnatela di rami via, via sempre più sottili, cadenti e decorati da piccoli aghi verdi e teneri. Allungai una mano verso una fragolina rossissima, piccola e sola che spiccava sul verde brillante dell'erba, proprio all'altezza della mia tempia; la vidi prima con la coda dell'occhio e poi mi girai e la guardai: un po' più grande di un chicco di gran turco, brillante e di un rosso pieno, caldo, maturo. La colsi fra due polpastrelli, con precauzione, dandole un piccolo mezzo giro e lei subito si staccò docile dalla sua coroncina a stella.
L'appoggiai sulla lingua, come fosse un minuscolo dono e avvicinandola alla bocca ne sentii subito il profumo dolce; la premetti piano contro il palato, senza masticarla, tenendola lì finchè il succo non si fosse amalgamato un po' con la saliva e non si fosse insinuato da solo nelle papille: attesi alcuni secondi  e di colpo il sapore di sole, di bosco, di linfa dolce e profumata di resine, di legno e di miele entrò nella mente e saturò il tempo. Non si può non sorridere in quei momenti; e infatti sorrisi per poi accorgermene con un po' di imbarazzo e per poi pensare che " il Mondo sa essere davvero buonissimo".
Mi girai con la faccia verso il sole e sentendone il tepore sulle palpebre, mi beai dell'istante che cercavo di far durare ancora un po'. La briciola di polpa si mosse e si sciolse; sentii i piccoli granuli del frutto che si disperdevano e scomparivano. Sospirai e quando ancora il profumo persisteva da qualche parte nella mia mente, mi misi in bocca un filo di festuca per "compensare l'istante di vuoto" e lasciando che i ciuffi dei suoi semi mi accarezzassero il mento. E poi dormii di nuovo.

Nessun commento:

Posta un commento